La decisione del Consiglio di Stato di accogliere parzialmente il ricorso di Luca Pacchin (vedi CdT, 24.10.2009) contro la delibera del Municipio di Lugano che gli negava la licenza preliminare per la costruzione delle contestate palazzine di Gandria ci sembra coerente e consente finalmente di entrare nel merito del problema.
Ricordiamo che il Cantone, in base al parere delle commissioni federale e cantonale per il paesaggio che escludono la possibilità di qualsiasi edificazione, aveva sottoposto al Municipio un parere sfavorevole alla costruzione delle palazzine, con la richiesta di rivedere al caso il piano regolatore del Comune (vedi qui).
Nella sua delibera, per la verità mai enunciata nei dettagli, il Municipio ha rifiutato la licenza preliminare senza entrare nel merito delle richieste dell’esecutivo cantonale. Una decisione quindi che risulta discutibile dal punto di vista giuridico, perché in contraddizione con il piano regolatore che prevede l’edificabilità del sedime in questione. D’altra parte, in contrasto con il parere delle commissioni cantonale e federale, il Municipio ha lasciato filtrare ufficiosamente, anche per bocca di alcuni municipali, che vedrebbe di buon occhio la costruzione di edifici di minor volumetria.
Il nodo irrisolto viene quindi al pettine e si ricomincia da capo, con il rischio di doverlo fare nella fretta.
Tra poco sarà discussa in Consiglio Comunale la mozione Arigoni per istituire una “zona di pianificazione” sul comprensorio, che appoggiamo perché “congelerebbe” la situazione. La Commissione cui compete l’esame della mozione è divisa; la maggioranza ne consiglia l’adozione, la minoranza auspica un’edificazione di volumetria ridotta. Le due posizioni riflettono diverse sensibilità, ma in concreto tutto rischia di risolversi in base ai costi finanziari delle due opzioni.
Il problema andrebbe affrontato riconoscendo intanto che nessuno per ora dispone delle necessarie conoscenze per una decisione meditata: un quadro della situazione, una valutazione del potenziale specifico di Gandria, un inventario del suo patrimonio culturale e paesaggistico che consenta interventi adeguati in ogni eventualità.
Ne avevamo poste le premesse con la petizione (sottoscritta dai 2/3 dei cittadini attivi) inoltrata nell’ottobre 2008 al Consiglio di Stato per la protezione integrale di Gandria ai sensi della Legge sui beni culturali (LBC 1997). Ora è al vaglio della Commissione cantonale, ma la decisione chiede tempo perché rientra nel più ampio contesto degli insediamenti lacuali da proteggere. Intanto continua l’insidioso degrado del delicato tessuto del villaggio.
Però l’inventario può essere fatto subito - in sei mesi e con pochi soldi - anche perché l’Ufficio cantonale dei beni culturali dispone di quasi tutti i dati occorrenti. Se il Municipio di Lugano - come quello di Carona pochi anni fa - decidesse di allestirlo verrebbe a disporre di un valido strumento per decidere con cognizione di causa. Dovrebbe includere uno studio specifico della zona del raccordo stradale al nucleo e dell’area delle palazzine dove si riscontra una situazione infelice, frutto di frettolose decisioni che rimontano fino a sessant’anni fa e che pregiudicano viabilità, infrastrutture e paesaggio.
I saggi provvedimenti richiedono a tutti un momento di riflessione e noi siamo pronti a prestar mano. Proponiamo di congelare ogni ulteriore decisione fino all’allestimento dell’inventario, un anno al massimo, in modo da favorire la ricerca di una buona soluzione di cui domani nessuno debba arrossire.
Con questo spirito, in novembre VivaGandria organizzerà con il contributo di qualificati specialisti una prima serata in/formativa sulle possibilità e i modi per salvaguardare il villaggio; non per decidere il da farsi, ma per capire cosa e come si può fare.