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15 giugno 2013 6 15 /06 /giugno /2013 19:29

Dell’agonia di Villa Galli, l’ultima battaglia civile di Tita Carloni, si è parlato e scritto molto. Ora la Romantica è morta, vittima di caimani dell’immobiliare di cui non si conosce nemmeno il volto. Ma non solo di quelli: in questa vicenda i Tartufi sono parecchi e quelli che per finire hanno dovuto assumersi il compito materiale dell’esecuzione non sono certo i principali responsabili.
Prima e dopo la decisione negativa del Consiglio comunale di Melide si è assistito a una corsa affannosa per tentare di salvare Villa Galli a tempo quasi scaduto. Si è vista un’interessante trasmissione di Falò, che ha illustrato in modo chiaro i dettagli di questa brutta storia. La STAN e un gruppo trasversale di deputati si sono rivolti al Consiglio di Stato, chiedendo di mettere in atto la prerogativa e il dovere conferitogli dall’articolo 17 della Legge cantonale sui beni culturali: “Se un bene culturale protetto o degno di protezione è esposto al rischo di manomissione, alterazione, distruzione, trafugamento o simili, il Consiglio di Stato deve ordinare senza indugio le misure provvisionali del caso”. Anche altre istituzioni, personalità e specialisti hanno posto la stessa esigenza, ma il Consiglio di Stato si è tappato le orecchie perdendosi in sofismi e fantasie sull’onere dell’esproprio materiale, in verità forse nemmeno necessario.
Ora c’è chi chiede di “non sparare sul Cantone”, ma ci è difficile non farlo. Pur riconoscendo l’effettivo sforzo di mediazione del Consiglio di Stato dopo il 2008, non si possono dimenticare le negligenze accumulate in anni precedenti. In primo luogo quella di aver consentito al degrado materiale e paessaggistico dell’edificio e dell’area circostante. Inoltre, anche un bambino poteva capire che Villa Galli era un edificio degno di protezione, ma la Romantica non è mai stata iscritta nella lista dei beni culturali da proteggere.
Sentir parlare oggi di “protezione integrata” (benvenuta) e di “Sistema d’informazione dei beni culturali (SIBC)” sembra una presa in giro. Niente meglio di questa vicenda dimostra come sia a volte incolmabile la distanza tra la legge e la sua applicazione. Perciò, a quasi cinque anni dalla sua presentazione, tanto più ci preoccupa la mancata risposta del governo alla petizione dei residenti per la protezione integrale di Gandria.

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