Trent’anni fa la Lega svizzera per la protezione della natura intendeva rivolgersi al Consiglio federale per l’inclusione nell’inventario dei paesaggi protetti “dell’intero territorio del Comune di Gandria”. La proposta fu stroncata da un’assemblea comunale straordinaria che il 26 novembre 1978 votò all’unanimità, con fragorosi applausi, il seguente ordine del giorno:
“Considerando che il Comune di Gandria già deve sopportare le gravissime conseguenze di uno sproporzionato e talvolta illogico numero di leggi e decreti che, se non meglio adeguati a maggior buon senso, finiranno per soffocare la sua stessa esistenza;
considerato come attualmente i giovani del paese, pur attaccatissimi al loro villaggio, lo debbano abbandonare al momento del matrimonio in quanto non viene concesso di costruire sulla terra dei loro avi; e che le stesse guardie federali di confine debbano domiciliarsi altrove per assoluta mancanza di appartamenti; il tutto con il conseguente impoverimento del Comune;
fermamente decisi a difendere - come sempre è stato fatto dalla volontà e dal grande buon senso delle Autorità comunali - le caratteristiche, uniche al mondo, dalle quali dipende il suo buon nome, del nucleo costituente l’attuale abitato al lago;
considerato inoltre lo stato di completa trascuratezza e di vergognoso inselvatichimento in cui è abbandonato il punto più bello del paese costituito dallo spiazzo - ora inaccessibile - ubicato in zona “Sasso di Gandria” che da oltre mezzo secolo risulta niente di meno che proprietà di quella stessa Lega che ora intende … proteggere e dettare legge;
insorgono con veemenza contro la ventilata idea di estendere il loro raggio d’azione ai dintorni del Comune, opponendosi già sin d’ora con ogni mezzo, nessuno escluso, alle antidemocratiche intenzioni della citata Lega che, esagerando in questi ultimi tempi nei suoi progetti, altro non fa che nuocere allo sviluppo naturale dei comuni ticinesi, al turismo e al conseguente benessere delle popolazioni;
invitano pertanto gentilmente il Lod. Dipartimento Cantonale dell’Ambiente, e per esso il suo direttore On.le Cons. di Stato Caccia, a voler intervenire con fermezza presso il competente Dipartimento Federale dell’Interno affinchè abbia a tener calcolo dell’opinione democraticamente espressa e sanzionata in sede assembleare dai Cittadini del Comune di Gandria: un Comune che vuole armoniosamente vivere e prosperare, nell’ambito di una democrazia più valida, senza dover un giorno essere costretto ad elemosine federali e cantonali e morire come museo”.
Trovo geniale quel “morire come museo” e mi piacerebbe sapere cosa significa opporsi “con ogni mezzo, nessuno escluso”: idee per il futuro? Scherzi a parte, nel frattempo le cose sono cambiate. Non ci sono più guardie federali di confine costrette a stabilire altrove il loro domicilio. Anche se attaccatissimi alla “terra dei loro avi”, forse oggi i giovani convivono magari altrove perché, scorrendo l’elenco telefonico, i Giambonini a Gandria mi sembrano diventati rari; tra l’altro non mi sembra che le nuove palazzine progettate siano destinate a loro. Nel frattempo la piccola Gandria è diventata parte della grande Lugano e due terzi dei residenti del nuovo quartiere propongono una petizione per la protezione integrale dell'insediamento. Insomma, tutto cambia ma i problemi rimangono.
Ho ascoltato Giudici a Modem è l’ho sentito come un uomo di trent’anni fa. Se le autorità comunali non propongono futuro, toccherà a VivaGandria sviluppare progetti per garantire quelle “caratteristiche, uniche al mondo, dalle quali dipende il suo buon nome”. La discussione è quindi aperta.